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Nodi comunicanti di una rete

Sono nato a Roma il 28 settembre 1978, dove ho vissuto fino all’età di 20 anni. I miei ricordi d’infanzia sono molto sereni. Prima di iniziare a frequentare la scuola, trascorrevo molto tempo in casa dei miei nonni. La mia occupazione principale era disegnare e colorare con i pastelli. L’inizio della scuola segnò un passaggio importante: fu la prima occasione in cui entrai in contatto con i Fratelli delle Scuole Cristiane, con cui il mio legame è diventato sempre più stretto con il passare degli anni. Con loro ebbi la possibilità di frequentare i percorsi catechetici per l’iniziazione ai sacramenti.

Facendo un balzo agli anni di scuola media, ricordo che a questo momento è legato un evento che, ad anni di distanza, si è rivelato decisivo per la mia vita: la lettura dell’Autobiografia di Sant’Ignazio. L’interesse suscitato da questa lettura fu notevole, anche se le conseguenze non furono immediate. Di fatto, durante gli anni di liceo il mio rapporto con i Fratelli crebbe, e alla fine degli studi superiori chiesi di entrare a far parte della loro stessa congregazione.

Il primo anno di formazione ebbe luogo nella mia stessa città, nel 1997/98. Durante quell’anno ebbi modo di iniziare la formazione teologica per l’insegnamento della religione presso la facoltà di Scienze Religiose della Pontificia Università Lateranense. Un piccolo impegno di pastorale scolastica e frequenti visite a casa completavano il quadro di questa prima tappa di formazione. Il 1998 fu l’anno del grande salto. Insieme a un caro amico partii per il Noviziato dei Fratelli a Griñón, a pochi chilometri da Madrid. Nonostante le difficoltà iniziali, il ricordo di questa prima esperienza all’estero è molto positivo. L’accento sulla vita comunitaria era forte, così come l’attenzione alle relazioni con gli altri compagni di cammino. I due anni di Noviziato in Spagna si conclusero con la prima professione di voti temporanei, il 22 luglio del 2000. La mia destinazione successiva fu Roma, al Collegio San Giuseppe – Istituto De Merode, con l’idea di terminare gli studi teologici e di iniziare gli studi in Lingue e Letterature straniere, presso l’Università di Roma Tre. Il profilo apostolico che si stava delineando prevedeva l’insegnamento della religione e delle lingue straniere. Il gusto per lo studio e la chiarezza con cui vivevo il mio impegno di giovane religioso e di studente non mancarono tuttavia di essere messi alla prova. Una serie di circostanze sia personali, sia relative alla vita della Provincia toccarono un certo numero di giovani membri della Congregazione, i quali decisero di interrompere il loro rapporto con la vita religiosa. Questi eventi non mi hanno certo lasciato indifferente, anche se non ne comprendevo il perché. In questo momento di prova, il ricordo dell’Autobiografia riemerse con forza, indicandomi nella Compagnia di Gesù l’interlocutore di cui avevo bisogno. L’emergere di questo desiderio improvviso all’interno di circostanze del tutto indipendenti dalla mia volontà mi colpì profondamente, come se tutto ciò che avessi desiderato fino a quel momento non fosse che un pallido riflesso della forza e del rinnovato entusiasmo che si esprimevano in me in quel momento.

Incontrai allora il P. Gianfranco Ghirlanda. Era il primo gesuita con cui entravo in contatto. Parlare con lui mi permise di rileggere la mia storia e di situarla in una prospettiva che mi entusiasmarono sin dall’inizio. Fu lui a raccontarmi la Compagnia, la sua lunga formazione e delle sue esigenze apostoliche. Tutto questo non mi spaventava, anzi! Trascorsi l’estate del 2001 a Bologna, già intenzionato a lasciare i Fratelli. Il 13 novembre dello stesso anno entrai in Noviziato, a Genova. La vita da novizio non era del tutto nuova per me, ma la differenza di stile era evidente. Gli strascichi di alcune relazioni risalenti all’estate precedente resero i primi mesi tutt’altro che facili. Beneficiai molto della saggezza del Padre Maestro, il p. Carlo Chiappini, di cui ricordo la pazienza e l’ascolto attento. Ma la vera svolta arrivò durante il mese di Esercizi Spirituali. Capii cosa significa dare un’identità alla propria vita interiore. Imparai a pregare.

Poi arrivarono gli anni della filosofia, a Padova. Lo studio dei vari autori mi permise passi importanti nella capacità critica. Poi c’era il carcere, in cui iniziai a svolgere qualche servizio proprio a Padova. Suono la chitarra da sempre, e con i detenuti passavamo tutto il tempo a cantare e a suonare. Cominciai a capire che lo studio aveva a che fare con la mia attività di incontro con le persone, così come l’incontro con le persone e l’ascolto delle loro domande aveva a che fare con quello che studiavo. Questo mi permise di capire che le mie competenze dovevano essere orientate proprio in questa direzione, in modo da valorizzare i due poli di questa esperienza. Mi iscrissi alla facoltà di Psicologia di Padova, dove rimasi solo un anno. Benché impegnativo, questo studio mi dava molto gusto. Nell’estate del 2005 mi sono trasferito a Milano, per il Magistero, dove ho continuato a studiare psicologia, aprendo anche un altro settore di relazione, con i ragazzi del Leone XIII. Sono rimasto lì per tre anni, fino al 2008. A Milano ho cominciato ad apprezzare il valore dell’amicizia, sia con i ragazzi della scuola, sia con i confratelli Gesuiti. Finiti gli studi di psicologia, durante il terzo anno di magistero ho potuto sperimentare il lavoro nella redazione della rivista Aggiornamenti Sociali. La mia esperienza si è arricchita così di un altro elemento di valore, che mi ha offerto varie chiavi di lettura utili a rileggere gli altri settori in cui ero coinvolto, sia gli studi precedenti, sia il lavoro con i giovani. Il magistero è stato un tempo molto favorevole di conoscenza della Compagnia: lavoro pastorale, sociale e intellettuale, nodi di una rete che la formazione mi ha permesso di esplorare e integrare.

Avendo in mente quest’idea di circolarità virtuosa tra riflessione e pratica, nel 2008 mi sono trasferito a Parigi per riprendere lo studio della teologia presso il Centre Sèvres. Dal mio arrivo nella capitale francese ho cominciato a interessarmi di mediazione dei conflitti. Il primo contatto con questa pratica l’ho avuto ai tempi degli studi in psicologia, grazie a un professore di criminologia di Milano. Ho iniziato a frequentare la formazione offerta da un’associazione di mediatori, il CMFM. Da questo momento, il mio impegno in questo campo è andato crescendo sia quantitativamente che qualitativamente. A Parigi ho ripreso lo studio della filosofia, in particolare la filosofia pratica, che ha mi dato un terreno fecondo per continuare la ricerca su temi di giustizia e società.

Questa preparazione nel campo della mediazione e della filosofia pratica conteneva in sé una specie di anteprima per quella che sarebbe stata la mia missione successiva. Finiti gli studi parigini, nel 2012 sono stato inviato a Palermo, presso l’Istituto Pedro Arrupe. Lì ho potuto mettere a frutto le competenze acquisite. Da un punto di vista della promozione sociale e culturale, la città di Palermo è un cantiere assai interessante. Di fatto dai miei superiori ho ricevuto un luogo di intervento, ma non delle direttive puntuali relative al lavoro che avrei dovuto svolgere, che in realtà era tutto da inventare. Mettendomi in ascolto dei bisogni della città, ho pensato di proporre delle giornate di formazione alla mediazione dei conflitti, rispetto alle quali la risposta è stata molto positiva. Invece che essere consapevole di quello che stavo trasmettendo, mi è più facile riconoscere quello che la mediazione mi stava dando, soprattutto nel momento in cui ero io a fare la proposta, e cioè la capacità di ascolto. Quando si ha a che fare con un conflitto, non bisogna avere fretta di risolverlo. Pensare il problema in termini di soluzione rischia di peggiorarlo. Al contrario, offrire ascolto, nient’altro che ascolto, ascoltare e basta, mi ha permesso di entrare nelle profondità dei bisogni di una città martirizzata dalla piaga della mafia, della disoccupazione e della lontananza delle istituzioni rispetto alla vita dei cittadini. Come studioso e ricercatore, ma anche in quanto religioso alla ricerca di Dio, il frutto di questo lavoro a Palermo è stato convogliato in una tesi di dottorato che ha per tema la generatività. Che cos’è? La generatività è un approccio che si interroga sulle condizioni di fecondità. Ovvero: in che condizioni dobbiamo mettere le nostre esistenze perché queste siano più feconde possibile?

D’accordo con i miei superiori, abbiamo considerato che il luogo migliore per far fruttificare ulteriormente questa domanda sia la Facoltà teologica dell’Italia meridionale, che ha sede a Napoli. È lì che continua il mio cammino.